Mancano alcuni mesi al voto, la squadra è in formazione e vi state chiedendo se non sia il caso di avere il supporto di uno spin doctor?
Bene, anzitutto bisogna chiarire se la persona che avete in mente è davvero un professionista con esperienza o semplicemente si dichiara tale.
Non ci sono molti consulenti politici in Italia. Non solo: quello della consulenza è un mercato molto piccolo, nel quale i fenomeni sono pochi e le fregature sempre dietro l’angolo.
Candidati e segretari di partito sono infatti abitualmente assillati dalle proposte di un’umanità varia composta da sedicenti spinmeister privi di esperienza e vecchi operatori che non si aggiornano probabilmente dai tempi di Clinton presidente.
A proposito di USA, se trovate un italiano che dichiara di aver lavorato per qualche presidente americano, fate così:
1) verificate la sua età all’epoca della campagna, perché, se aveva meno di 35 anni, allora qualcosa non torna;
2) verificate che cosa fa adesso, perché, se dopo “l’Ammerica” oggi vivacchia di incarichi comunali, allora qualcosa non torna;
3) sappiate che anni fa era reato federale ingaggiare operatori stranieri per le campagne americane. Quindi qualcosa, decisamente, non torna.
Insomma, quando si parla di spin doctor, là fuori è una giungla.
Per aiutare candidati, partiti e comitati a orientarsi nel labirinto delle consulenze, ho provato a metter giù 6 semplici punti sui quali riflettere prima di investire dei soldi, non pochi nell’economia di una campagna elettorale, e restare magari delusi. O peggio.
#1. La comunicazione politica non ha un ordine professionale, ma esistono le associazioni.
Non tutti hanno le risorse e la preparazione per spendere soldi e confrontarsi con altri professionisti più preparati di loro durante conferenze e seminari che magari si tengono dall’altra parte del mondo.
Non esistono federazioni alle quali mi iscriverei in Italia, ma, a livello internazionale e per la consulenza politica, c’è la IAPC (International Association of Political Consultants). Le world conference costano spesso un occhio della testa e si tratta di parlare in inglese tecnico per giorni con gente che ne capisce. Un buon filtro, direi, che per me ha anche una valenza personale: nel 2015 sono stato l’unico consulente italiano a essere invitato come speaker alla 48esima conferenza mondiale a Città del Messico. E uno dei soli due partecipanti italiani.
#2. Non ci si improvvisa spin doctor.
E non esistono ragionevoli indizi per avvallare l’idea che uffici stampa, ex-candidati, giornalisti, politici stessi possano fare questo mestiere. Sono persone importanti durante una campagna, mi piace averli in squadra, ma non sono consulenti di comunicazione politica.
Questo è proprio un altro mestiere, che richiede una formazione specifica, un solido impianto tecnico, un aggiornamento costante e dedicato.
#3. “Fare formazione” e “dare una mano” non valgono come esperienze di campagna elettorale.
Il mercato è pieno di nomi, anche apparentemente di prestigio, che spacciano qualche ora di formazione a partiti, candidati e comitati come consulenza elettorali. Quando sentite le formule che ho menzionato qui sopra, state all’erta.
A chi vi si offre, chiedete quindi un elenco delle ultime campagne seguite da consulente e conducete una verifica con i loro clienti: risparmierete tempo, soldi, figuracce.
I miei ultimi lavori sono indicati qui, per esempio, trasparentemente e ci sono lunghi articoli a descriverli (come quelli sulle campagne di Vincenzo De Luca e Beppe Sala).
#4. Il consulente di comunicazione serve per le cose complicate.
Non sprecate il suo tempo e il vostro denaro in richieste di semplice operatività, ma lasciate lavorare lo spin doctor su strategia, messaggio, pianificazione, organizzazione della war room o degli uffici comunicazione, formazione dello staff. Saprebbe far bene tutto il resto, ma il suo impiego migliore è in cabina di regia. Oggi la professione va ben oltre i memo strategici e i comunicati stampa: un team di campagna come quello di Momentum è capace di incrociare enormi masse di dati, procedere per simulazioni, estrarre cluster di elettori ben inferiori all’1%, costruire cookie pools, montare funnel di conversione e tanto di più.
#5. La consulenza di comunicazione fa bene a tutti e molti se la possono permettere.
Non vi potete concedere il costo di sei mesi di affiancamento? Non rinunciate alla professionalità. L’impostazione strategica, la scelta del messaggio, la formazione dello staff, la conduzione di una ricerca o la lettura dei dati sono prestazioni fondamentali che in pochi offrono con serietà, ma che tanti candidati e segreterie sono in grado di permettersi.
Una partenza senza tentennamenti è metà del risultato. Aziende di consulenza avanzata come Momentum nascono anche per questo: fare sì che, pur senza grandi risorse, si possa accedere a materiale utile, per esempio, per il microtargeting e così conquistare risultati inattesi, risparmiando migliaia o spesso decine di migliaia di euro.
#6. Uno spin doctor affidabile non ha bad companies da nascondere.
La stretta del mercato ha generato una selezione naturale: le aziende sane sopravvivono con dignità, ne nascono anche di nuove, mentre quelle malsane sono finite senza personale e sommerse di debiti a fronte di clienti insoddisfatti e quindi poco motivati a pagare. Nulla di nuovo, se non fosse che alcuni operatori hanno deciso di iniziare a staccar fattura da liberi professionisti per nascondere rottami aziendali con centinaia di migliaia di euro di debiti tra fisco e fornitori. Verificate quindi sempre che il sedicente spin doctor di turno non sia anche l’ex-amministratore di qualcuno di questi rottami: farete un regalo a voi stessi e al mercato della qualità.
Alla conferenza mondiale IAPC 2014, a Roma, eravamo in 7 consulenti italiani su oltre 200 iscritti, nel 2015 in Messico solamente 2: sarò contento di dirvi chi c’era assieme a me in quelle occasioni e di raccomandarvi una chiacchierata con loro: si tratta di operatori seri, merce rara. A proposito, qui trovate del materiale interessante presentato durante la sessione in Italia.