Avete presente come sono andate le ultime Amministrative? Vi dico come la penso io. La mia opinione è che, no, non le ha vinte l’onda di piena del PD. Le hanno vinte gli sfidanti con la complicità della bassa affluenza. Punto. A giugno scorso abbiamo assistito a decine di scenari di secondo turno dominati da un challenger che riusciva a riportarsi alle urne il suo capitale elettorale di primo turno sommato a quello di altre forze della discontinuità. Questo ai danni di uscenti invece troppo preoccupati dalla fedeltà della base per dedicare il tempo sufficiente (tutto o quasi) a dialogare con quelle sensibilità affini ma politicamente differenti che avrebbero potuto premiarlo al ballottaggio.

Avete ancora qualche incertezza circa la mia prima affermazione: ecco un riepilogo molto sintetico dei risultati nei capoluoghi al voto 2014.

Amministrative 2014. Vercelli (da cdx a csx), Verbania (da cdx a csx), Padova (da csx a cdx), Perugia (da csx a cdx), Urbino (da csx a cdx), Teramo (rimasta al cdx), Terni (rimasta al csx), Potenza (da csx a cdx), Pescara (da cdx a csx), Pavia (da cdx a csx), Modena (rimasta al csx), Livorno (da csx a M5S), Foggia (da csx a cdx), Cremona (da cdx a csx), Caltanissetta (da cdx a csx), Biella (da cdx a csx), Bergamo (da cdx a csx), Bari (rimasta al csx).

Insomma, 8 comuni sono passati dal centrodestra a centrosinistra, 5 dal centrosinistra al centrodestra/M5S, 1 rimasto al centrodestra, 2 rimasti al centrosinistra.

Insomma, il PD è avanti, ma non dilaga. A differenza del voto alle Europee, il driver del risultato non è stato Matteo Renzi, il ‘deliveratore’. Alle Amministrative il motore della scelta è stata la generalizzata voglia di cambiare, di detronizzare, di sostituire. Il che significa che ogni uscente ha una lama che gli pende sul capo a prescindere dalla qualità del suo mandato amministrativo. È del resto proprio Demos & Pi, nel rapporto 2014 sugli Italiani e lo Stato (trovate un link al rapporto a fine articolo), che fotografa la crisi della democrazia rappresentativa e inquadra una flessione del 10% addirittura nella fiducia nelle Amministrazioni locali.

Non è solo un problema sistemico, però. Si sono anche viste tantissime brutte campagna, sviluppate troppo rapidamente a fronte di un elettorato che oggi necessita di essere accompagnato e coltivato per non diventare instabile e imprevedibile.
Sono state elezioni inconsapevoli, alle quali hanno partecipato un elettorato di appartenenza, e quindi ideologico a priori, e un elettorato istantaneo, che riunisce tanto chi avvalla, in silenzio, il cambiamento attraverso l’astensione, quanto chi sposta verticalmente il voto perché ha banalmente sentito “l’odore del sangue” dell’uscente.

immagine prova

Ecco un messaggio ricorrente nella campagna del Labour: il succo è la paura del non cambiamento

Risultato: centinaia di migliaia di cittadini lungo tutta la penisola che non conoscono l’offerta politica che hanno sostenuto in un modo o nell’altro. Che saranno quindi delusi presto da un’azione amministrativa nella quale non si riconosceranno. Che vedranno presto il vincitore come l’ennesimo uscente.

Torniamo al punto, però.
In contesti così controllati dall’affluenza, la motivazione e la mobilitazione (Get Out The Vote), la rimotivazione e la rimobilitazione fanno gran parte del risultato. E rendere il voto di primo turno solido e fedele è un impegno essenziale per sfidanti e uscenti, un impegno che richiede a un comitato elettorale di mettere la testa sui numeri. Anzi, di metterla sui contatti, i Like, i dati, qualunque informazione insomma che consenta di organizzare simpatizzanti, iscritti, veri attivisti in gruppi omogenei da raggiungere con messaggi dedicati e dai quali ‘strizzare tutto lo strizzabile’.

Insomma, bisogna …

#1. Disintermediare

Memento DISINTERMEDIARE semper.

I giornali locali sono un vettore la cui rilevanza va dimensionata: una testata che raggiunge un 3-4% informato della popolazione vale quanto i numeri che genera: ben poco. Senza contare che la narrazione che farà dei nostri contenuti sarà inevitabilmente influenzata dalla scarsità cronica di spazio e da una linea editoriale che, tendenzialmente, avrà qualche pendenza. No, l’obiettivo qui è disintermediare. Consegnare il messaggio che si desidera senza che nessuno vi metta mano e in uno spazio di informazione considerato intimo o quantomeno personale: una newsfeed, sì, ma soprattutto una casella e-mail e il display di un cellulare. E questo può accadere ed essere accettato dall’elettore solamente se i recapiti li raccogliamo ben prima del giorno X.

#2. Testare

Caro guru, lo slogan sagace ci sta pure. Ma, se permetti, lo metto alla prova.

Attraverso un 70×100 affisso a bordo strada in qualche decina di copie non si testa un bel niente: il messaggio esce dritto sparato dalla copy strategy alla strada e non c’è modo di capire quanto venga recepito e come venga valutato. Una batteria di mail e di post sponsorizzati Facebook invece consentono un lusso non da poco: con quattro soldi, misurare quanti, e chi tra questi, sia disponibile a istituire un contatto con la nostra comunicazione e quali parole chiave lo stimolano a una maggiore interazione. Perché questo sia possibile abbiamo però bisogno di una cosa: contatti, dati, Mi piace, indirizzi mail, numeri di cellulare e possibilmente qualche elemento in più.

#3. Mobilitare

Elections is when the unshrinkable becomes shrinkable

Le persone si mobilitano con le persone. Io metto volentieri un freno al sogno digitale di spostare voti a botte di messaggi diretti lanciati tramite post ed email. Una cosa è infatti condividere contenuto positivo e consolidare una consapevolezza di corpo, ben altra guidare il Getting Out The Vote, il cavar fuori schede elettorali con una X dove vogliamo noi. Ed ecco a cosa servono database ricchi, ben articolati e continuamente stimolati: individuare e mobilitare gruppi di soggetti disponibili a. Disponibili a tornare alle urne, a cercare nuovi supporters, a dialogare per strada, a bussare alle porte, a macinare telefonate, a fare attivismo digitale. La database hygiene (presto un pezzo dedicato a questo tema!), l’igiene dei nostri elenchi, è quindi un fattore chiave: una mailing list gargantuesca con una open rate del 20% significa energie e tempo buttati a fronte di un risultato minimo.

Qui il rapporto 2014 di Demos & Pi “Gli Italiani e lo Stato”.