Vincenzo De Luca è il candidato più forte per il quale io abbia mai avuto l’opportunità di lavorare. Giuliano Ferrara sul Foglio lo ha definito ‘nu ddio, ma per me da subito lui è stato LA TIGRE. E chiunque dica che questa vittoria non appartiene in massima parte alla Tigre merita una tortura medievale.
Fatta la debita premessa, ora muoviamo quattro passi nella campagna elettorale appena conclusa (e vinta) e affrontiamo alcuni perché.
Perché un messaggio efficace è gran parte del risultato.
Perché Salerno è stata la chiave del risultato.
Perché la legge Severino, la campagna sugli “impresentabili”, l’elenco della Bindi non hanno impedito a De Luca di portare a casa il risultato.
Perché il digitale non è stato decisivo.
Perché, invece, è stata una bella campagna da vecchia scuola.
LE PRIMARIE. UN RISULTATO SCONTATO. Gennaio 2015. Primarie in corso, e già si fanno proiezioni sul voto regionale. IPR Marketing assegna a De Luca un vantaggio di qualche punto sul governatore Stefano Caldoro. Dal 3 al 7% in più, a seconda della distribuzione dei partiti fra le coalizioni. Dove sta l’UDC, dove si ficca l’NCD e via dicendo.
Com’è andata a finire questa prima parte lo sappiamo: la vittoria di De Luca è scontata. Gli 11.000 voti di differenza sono tutti Made in Salerno, il territorio che, tra città e provincia, consegna al Sindaco 30.000 e passa preferenze su 77.000.
De Luca è un personaggio nazionale, un amministratore fatto e finito, Cozzolino è invece un deputato europeo, ex-assessore regionale, eccellente uomo di partito. Non c’è mai stata partita, anche se il giorno dopo i media si interrogano sui segreti del risultato: sarà il web? Sarà il messaggio? No, ragazzi. E’ De Luca, è Salerno.
DOPO LE PRIMARIE. “DE LUCA NON E’ BUONO”. Pochi giorni dopo la chiusura delle consultazioni PD, arriva una rilevazione di Tecn Srl, commissionata dall’Associazione Fratelli d’Italia, che dà avanti Stefano Caldoro. L’obiettivo è dire a tutti che il candidato emerso dalle Primarie non è buono. I sondaggi a 2/3 mesi dal voto si commissionano sia per impostare la campagna sia per innescare timori e mal di pancia in casa del nemico. In questo caso, si vuole fomentare la tipica diaspora post-Primarie alla quale il PD rinuncia raramente. Ma non finisce qui: a brevissima distanza vengono pubblicate anche un paio di tavole di una ricerca Datamedia. Datamedia è Luigi Crespi, consulente politico di Stefano Caldoro e altre cose che riguardano la giustizia italiana.
Anche in questo caso, il presidente regionale uscente viene dato avanti. Avanti di 4 punti, mentre i partiti di centrodestra stanno un abisso sotto al PD. La cosa non torna, ma consolida la retorica da bar della politica: Caldoro è un brav’uomo. Un chierichetto. Enzo De Luca, invece, è uno sceriffo. Una tigre. Uno che si è lasciato scappare qualche battuta infelice sui Napoletani. E non è certo George Clooney a differenza di Caldoro, che sembra uscito da una telenovela messicana.
45 GIORNI AL VOTO. PROBLEMI DI GESTALT. UN SONDAGGIO IPSOS. IL NOSTRO ARRIVO. Il pre-campagna di Vincenzo De Luca è gestito dallo stesso nucleo di volontari che già avevano accompagnato LA TIGRE durante le Primarie. Un gruppo ampio, attivo, affiatato, con tantissimi componenti alla prima esperienza elettorale. Il messaggio è Mai più ultimi, un claim scelto da De Luca stesso che ben inquadra le criticità esistenti, ma che non può arrivare fino alla fine della campagna elettorale: la critica non può restare centrale nel messaggio, deve evolvere.
Ci sono poi dei problemi grafici: non c’è un’immagine di De Luca e, nostro giudizio, non c’è Gestalt nell’impaginazione. Il messaggio rischia di passare inosservato o di non sedimentare.
Fine marzo arriva e si porta dietro un sondaggio Ipsos nazionale, 991 casi, CATI. C’è una tavola dedicata a Vincenzo De Luca e ai suoi problemi con la legge Severino. La domanda è abbastanza direttiva, la risposta scontata.
Per l’84% degli elettori PD (nazionali, ripeto), De Luca non dovrebbe presentarsi, visto che la legge impedisce ai condannati in primo grado di ricoprire incarichi pubblici.
La rilevazione segna il ritorno del tormentone Severino e il rischio è che in comitato si faccia esattamente ciò che bisogna evitare: giustificarsi, entrare nel dettaglio normativo. Insomma, inseguire i Vietcong giù nei tunnel.
L’esperienza insegna che, in casi come questo, il protocollo da seguire è ben diverso.
Passo 1) capire se il problema è un problema davvero: chi lo conosce? In quanti ne hanno consapevolezza? Quanto incide nella formazione della loro opinione e delle intenzioni di voto?
Passo 2) definire una policy di risposta alle sollecitazioni dei media che anzitutto rassicuri l’elettorato di appartenenza
Passo 3) promuovere con ogni mezzo un’agenda alternativa per spostare altrove il fuoco del dibattito.
Quorum entra in partita nel mezzo della bufera mediatica sulla Severino e mi propone di salire subito sul ring.
Ho qualche capello bianco, tanti anni di lavoro alle spalle, anche in Paesi complicati e con clienti difficili: posso essere un buon senior adviser per la Campania. Inoltre tollero molto bene il FRITTO e questo fa di me una prima scelta.Nella partita, da parte Quorum, ci sono Giovanni Diamanti e Lorenzo Pregliasco, dedicati alla lettura strategica dello storico e delle ricerche, nonché l’art director Lorenzo Ravazzini per lo sviluppo visivo della nuova linea di comunicazione. A operare in loco anche Gabriele Dandolo.
40 GIORNI AL VOTO. LE RICERCHE. LA GRANDE SALERNO. CASALINGHE CAMPANE. Entriamo in partita e facciamo subito quello che i professionisti fanno davanti a un’elezione da quasi 5 milioni di abitanti: studio dello storico elettorale, una ricerca d’opinione, un focus group.
Quanto alle intenzioni di voto, rileviamo un potenziale di vittoria molto consistente, il cui elemento più interessante è il vantaggio del 5,4% tra Napoli e provincia, l’area geografica che decide regolarmente il risultato delle Regionali campane.
L’analisi del voto pregresso e il sondaggio ci indicano queste priorità:
1. Stravincere a Salerno, un bacino di voto esteso e con un altissimo potenziale di estrazione del consenso: anche i cittadini della provincia sono esposti al modello amministrativo del Sindaco e un grosso differenziale di voti assoluti permettono di sopravanzare la sconfitta probabile su Caserta.
2. Lavorare duramente sul Napoletano, una provincia con oltre 3 milioni di abitanti, che decide storicamente le sorti delle elezioni.
3. Puntare (quasi) tutto sui media tradizionali: solo il 6% dei Campani si informa tramite Internet e social media, cosa che rischia di rendere il digitale un pericoloso spreco di tempo e risorse, mentre la lion share sta a TV e radio. E’ lì che si deve andare.
4. Parlare alle casalinghe, che sembrano il segmento indeciso meglio codificabile per abitudini e dieta mediale, nonché quello più disponibile a essere convinto attraverso un lavoro sull’esposizione del candidato e del messaggio.
5. Tagliare corto sulla Severino. La grandissima maggioranza dei Campani non sa letteralmente di cosa si parli: si tratta di un tema poco incisivo nella formazione dell’opinione, anzi gli elettori del centrosinistra ci raccontano che è ininfluente per loro. “Il Presidente della Campania lo scelgono i Campani, non quattro righe di una legge scritta a Roma”, questa è l’interpretazione circolante.
35 GIORNI AL VOTO. “CAMPANIA, A TESTA ALTA”. I LUOGHI. I TARGET. Il mix di qualitativa e quantitativa ci fornisce gli elementi utili a lavorare su una nuova linea creativa. Se Mai più ultimi ha introdotto una proiezione di discontinuità con il presente, adesso servono una personalizzazione più spiccata, e quindi il volto di De Luca, e un messaggio di rilancio. Fra le diverse ipotesi testate nel focus, CAMPANIA, A TESTA ALTA ci sembra la migliore, perché condensa il senso di rivalsa storica della Campania fanalino di coda e può essere sviluppata sia per territori (“Ischia, a testa alta”, “Napoli, a testa alta”, …) che per target (“Mamma, a testa alta”, “Nonno, a testa alta”, …).
Ecco il risultato, frutto di una lunga serie di confronti e negoziazioni. Il lavoro in partenza era decisamente più prezioso, ma, come si dice, il meglio è nemico del bene, e allora bene così.
++NOTA: E IL DIGITALE?++
Premessa: l’attività social NON è gestita da Quorum, che produce solamente alcuni meme per alcune fasi mirate della campagna. I riscontri su Facebook non sono propriamente esplosivi, dato che non si superano di frequente i 1.000 Like a post, nonostante i 130mila Fan della Pagina. Contenuti anche i risultati del crowdfunding, sui quali subito si fiondano alcuni giornalisti.
I risultati insufficienti del fundaising online verranno poi regolarmente integrati con le decine di migliaia di euro provenienti dalle cene e degli eventi off line classici, che comporranno, alla fine, circa l’80% della raccolta.
Twitter vede addirittura Caldoro avanti in termini di follower, mentre i social dialogano poco con i contenuti del sito, né si richiede agli utenti, con una frequenza che riterremmo debita, di lasciare dati utili a un coinvolgimento più serrato.
Nessun problema, però: tweets don’t vote e, stando alla ricerca, solo il 6% circa della popolazione usa Internet e i social media come strumento di informazione politica. La battaglia vera si combatte altrove.
30 GIORNI AL VOTO. LA SALMA DEL DUCE. “IMPRESENTABILE E’ CALDORO”. Il tema Severino, sul quale si è deciso di tagliar corto, abbandona le prime pagine, ma solo per lasciar spazio al problema “impresentabili”. E diciamolo pure: le liste sono un casino. Per un candidato di centrosinistra, ogni scalfitura in materia di legalità è un guaio. Quello che avviene, infatti, è un ribaltamento di un tratto d’immagine forte, che genera un disorientamento nelle credenze individuali. E il PD, dopo la bufera Severino e dopo gli accordi con De Mita, tutto vuole fuorché scoprirsi in coalizione con Campania in rete, assieme a ex-fascisti e, così si dice, ex-cosentiniani.
Questo, insomma, è un colpo all’elettorato di appartenenza. L’ennesimo, il più forte.
Aggiungo: mentre della Severino si poteva anche non parlare, quello degli #impresentabili è un frame molto solido. Una vera pista di sangue, che permette ai media di avviare uno stillicidio quotidiano di nomi e profili, il primo dei quali è Carlo Aveta, consigliere regionale uscente della Destra. Un pellegrino di Predappio. Uno che onorava la salma del Duce.
In questo round, De Luca si trova all’angolo, come nella boxe, e da un angolo non esci mai senza sganciare qualche colpo. Di qui la nostra proposta di ribaltare il frame “impresentabile” ai danni di Stefano Caldoro.
Ne nasce un vero contro-filone che ci consente di mettere a segno tre punti:
Punto #1) fare chiarezza assiologica, ricordando che Caldoro è il Male, così da tener stretto l’elettorato di centrosinistra
Punto #2) ricordare che è Caldoro ad aver governato la Campania negli ultimi 5 anni, così da frenare l’operazione di make up #finalmenteilfuturo, messa in campo dal presidente uscente per conquistarsi una seconda verginità amministrativa
Punto #3) parlare di temi sentiti e trasversali, come la sanità, i trasporti, le disabilità, il lavoro, saldando la proposta a una critica sull’operato di Caldoro.
E lo dico con soddisfazione: anche Nino D’Angelo, endorser extraordinaire di De Luca sulla cultura, pare appassionarsi al ribaltamento dell’etichetta di “impresentabile” su Caldoro, tanto da utilizzarlo nell’invito al voto finale.
20 GIORNI AL VOTO. I CARI VECCHI OLD MEDIA. NONNI INCAZZATI. LE VELE. Schivare, colpire, schivare, incassare, colpire ancora. Ma non basta. Visto che il tema “impresentabili” domina la cronaca, diventa necessario lavorare con tutti i mezzi non digitali che ci consentano di aggirare il gatekeeping giornalistico:
1) spot radio, eccellenti soprattutto per parlare alle casalinghe, che possono ascoltare un messaggio tagliato su misura per loro (ed espresso da una di loro!) anche mentre sono impegnate in casa
2) spot tv, che danno fiato ai problemi e alla voglia di rivincita di alcune categorie di interesse strategico: ancora le ‘mamme’ e i nonni, gli anziani, le figure che più possono essere esposte alla programmazione delle tv locali e che più sono colpite dalla malasanità campana.
3) affissioni mobili, che permettono di star fuori dalla par condicio e soprattutto di disertare la guerra delle affissioni sulle plance. Mezzi pubblici e camion vela, sempre piaciuti su estensioni significative: fanno molti chilometri e attraversano il territorio, e poi sono enormi, impossibile non notarli.
10 GIORNI AL VOTO. ENZO COME SALVINI. IL “DISASTRO” DEL MODELLO DE LUCA. RENZI. Dieci giorni al voto, guerra nucleare. Le settimane di fuoco mediatico hanno sicuramente lavorato sulle indecisioni del centrosinistra e nel centrodestra possono permettersi di usmare l’odore del sangue.
Anche nella war room di Caldoro cominciano a immaginare che non tutto sia perduto, ma sanno anche bene che, per battere De Luca, bisogna farlo perdere a Napoli e colpirlo duramente a Salerno, il suo vero forziere elettorale.
La linea è chiara: schiacciare il Sindaco sulle sue dichiarazioni anti-napoletane nel capoluogo (“De Luca è come Salvini”) e mettere pesantemente in discussione il modello De Luca.
Nel frattempo, mentre Berlusconi consegna il suo appoggio a Stefano, arriva Renzi a Salerno per certificare il valore della leggenda amministrativa di Vincenzo. Per nessuno dei due candidati il passaggio del top dog nazionale in sé significa molto in termini percentuali: premier ed ex-premier sono solo utili a far da cassa di risonanza a una narrazione già sedimentata. Aggiungo: il passaggio di Renzi in particolare ha l’aria di essere il sintomo di una probabile vittoria, più che l’arma finale da spendere per sigillare il sorpasso.
Da parte De Luca, si insiste con il tour dei territori, sempre per aggirare il gatekeeping delle redazioni regionali e lasciar invece correre le proposte sulle testate locali. Mentre l’ultima intensa wave di spot spazza le radio e le TV. Mentre camion vela e strumenti a mano si fanno strada nei comuni.
48 ORE AL VOTO. #ROSYCONA. LA LUNGA NOTTE. (CASA VINCENZO). Qui non c’è molto da dire. A poche ore dal silenzio, arriva la lista di Rosy Bindi, che riesce nel facile tentativo di dettare l’agenda delle ultime uscite dei media, cacciando De Luca nella sua lista di “impresentabili”. Noi suggeriamo di insistere pesantemente sull’attacco a Caldoro a partire dal dato dei miliardi di euro persi grazie alla sua inefficienza amministrativa. Del resto, quando qualcuno lavora per farti perdere il consenso dei tuoi, è ai tuoi che devi pensare, ricordando loro per cosa e soprattutto contro che cosa si vota. Contro l’inefficienza del sistema Caldoro, in questo caso.
Passa la linea dell’attacco e a mezzanotte il comitato decide di alzare le mani di fronte al silenzio. Anche sui social, dove invece, nel rispetto della legge, qualche ultimo passaggio per far serrare le file del PD si sarebbe potuto fare.
Ma è finita, finalmente. Ora non resta che attendere la buona notizia. Che arriverà.
PS: fa caldo, molto caldo, godetevi questo episodio di Casa Vincenzo, la web serie satirica che parla del’ex-Sindaco di Salerno, ora Governatore della Campania.
0 Comments
307 Pingbacks